sabato 28 aprile 2012

Il Panchakarma, intervista alla Dott.ssa Sadbhawna Bhardwaj


Nella tradizione filosofica e medica indiana, il corpo viene considerato il tempio dove risiede la nostra anima. Per questo motivo si dice che gli dei ci abbiano donato le arti mediche, per fare in modo che, grazie ad uno stato di equilibrio e perfetta salute, possiamo adempiere al compito individuale di crescita spirituale.

Il Panchakarma costituisce la principale terapia di purificazione, liberando, attraverso vari trattamenti, ogni tipo di tossicità dal corpo e dalla mente. Il termine Panchakarma è composto da due parole: panch che in sanscrito significa cinque e karma che significa azione; questo sistema usa quindi cinque categorie d’azione atte ad eliminare le tossine dal nostro organismo e qualsiasi cosa ad esso estranea.
Perché anche se la”malattia” o squilibrio può portare gli stessi sintomi da individuo a individuo, a volte la radice della causa non è la medesima, per questo è importante durante questo trattamento essere affiancati da un Vaidya, medico ayurvedico, che attraverso una diagnosi individuale può consigliare il miglior iter da seguire.

Con questo articolo vorrei portarvi a conoscere un pò più a fondo come Ayurveda si occupa del corpo, attraverso la sua “pulizia” interna tramite una breve intervista fatta a Sadbawna Bhardwaj,  Dottoressa presso la scuola AIMA Ayurveda e Maestra in questo mio percorso.

Gentile Dott.ssa Bhardwaj, potrebbe spiegarci su cosa si basa l’approccio al paziente e la sua analisi da parte del medico ayurvedico ( molto diversa da quella occidentale) prima di effettuare i trattamenti di panchakarma?
In India il medico ayurvedico mette a frutto tutta la sua esperienza e sensibilità direttamente sul campo, attraverso visite in cui l’approccio al paziente deve badare a tutti gli aspetti della persona: fisico, psicologico, psicosomatico, percettivo ed eventualmente anche spirituale.  La visita sarà perciò più esauriente e la “diagnosi” più precisa, quanto più il medico ayurvedico sia esperto ed allenato al tipo di osservazioni sul paziente che l’Ayurveda prevede. Innanzitutto è sempre d’obbligo che il paziente si incontri direttamente con il medico, di persona intendo, per poter avere un’idea iniziale immediata data dalla sensibilità e dall’abitudine ad usare tutti i 5 sensi, il medico ayurvedico tenta di cogliere particolari fisici e psicologici della persona quasi subito, dopo ciò inizia una serie di osservazioni che vanno dall’analisi della lingua a quella delle rughe sul viso, alla palpazione diretta dell’addome in molti casi e culminano con l’auscultazione del polso (o delle tre dita, detta Nadi Pariksha), metodo diagnostico basato sul tipo di eziologia presente, sul numero di battiti e sulla loro qualità auscultati in ogni sede dei 3 dosha o tre umori che compongono la fisiologia umana.  A seconda del tipo di pressione delle dita (superficiale o profonda) e con l’opportuna esperienza, il “Vaidya” (nome tradizionale del medico ayurveda in India), individuerà il punto d’origine del o dei disturbi, l’organo o gli organi scompensati o sofferenti se ve ne sono, e l’entità esatta dello squilibrio fisiologico dei dosha che in quell’esatto momento sta rilevando. E’ chiaro che il sistema diagnostico e l’approccio al paziente sin qui suggerito, sia già enormemente differente dal tipico approccio occidentale, a cominciare dalla ricerca nell’Ayurveda della/e causa/e dei disturbi e delle malattie laddove vi fossero, non semplicemente analizzando i sintomi, che passano così in secondo piano inizialmente, ma che poi vengono analizzati per indagare una loro correlazione comprovante ciò che il Vaidya ha percepito e capito dalla sua tecnica e dalla sua esperienza.  Comunque alla fine della visita ayurvedica, per così dire, i consigli e le eventuali prescrizioni mediche sono mirate ad un completo recupero ed un riequilibrio della fisiologia dei 3 dosha, espellendo inizialmente le tossine in eccesso e ripulendo , quindi, il sistema corporeo per poi far attecchire la reale cura e se necessario modificare la sua alimentazione in base a costituzione, abitudini, stagione corrente e squilibrio.    Insomma una cura totalmente personalizzata e unica, di cui potrà beneficiare solo e solamente il paziente direttamente analizzato e non sicuramente “Vendibile” come cura universale per tutti i portatori dello stesso disturbo, in quanto ognuno di noi differisce categoricamente, seppure fosse per posologia o durate dell’eventuale cura.   I trattamenti di panchkarma, massaggio e quant’altro della tradizione ayurvedica, gli esercizi Yoga o di Pranayama (controllo della respirazione di cui gli indiani sono maestri), di idroterapia e/o termali, sono sempre compendio di ogni buona cura in Ayurveda.

Potrebbe descrivere brevemente  a chi possono servire queste tecniche di panchakarma?
La Scienza e dottrina medica dell’Ayurveda nella sua completezza, utilizza in India, le tecniche di Panchkarma come perno cardine iniziale per la prevenzione, il mantenimento della salute personale e l’approccio alla cura da ogni malattia possibile, quindi, possono in realtà essere utili a tutti, ma non sicuramente tutti i metodi in essa contenuti sulla stessa persona o nello stesso iter curativo.   L’utilizzo di un karma piuttosto che di un altro e tra questa categoria, quale sia il più giusto come iter curativo, lo stabilisce sempre il Vaidya o medico ayurveda.   si provvederà in seguito, una volta stabilito il percorso di trattamenti, istruire il o i terapisti che affiancano il Vaidya per l’esecuzione materiale dei trattamenti.  Ricordiamo che la tipologia dei trattamenti si dividono in 2 categorie preliminari dette “Poorva karma” e 5 macro-categorie di trattamenti depurativi vari (panch=5 + karma=azioni)    tra :   Snehana (oleazione interna ed esterna) e swedana  (terapie di sudorazione del corpo) come poorvakarma,  vamana (tecniche di emissione terapeutiche), virechana (tecniche di purgazione terapeutiche), basti (tecniche di idrocolonterapia manuali specifiche), nasya (tecniche di purificazione dei sensi e della mente), raktamokshan (tecniche del salasso chirurgico terapeutico)

Per quali tipi di squilibrio è consigliato questo tipo di trattamento?
Esistono delle controindicazioni?
Ogni squilibrio risente della pulizia profonda che il sistema Panchkarma sa donare, se fatto con perizia.  nell’approccio iniziale il sistema Panchkarma è facilmente adattabile ad ogni situazione perchè costruito attorno alla vita a 360°, i rigidi canoni che l’Ayurveda richiede ai suoi metodi, che quindi devono avere il maggior impatto possibile sui Dosha “Viziati” (eccessi dell’umore fisiologico rilevato ed ormai degenerato alla stregua di tossine)  eliminandoli ed il più basso possibile come disagio collaterale fisico e psichico, che comunque si potrà controllare con un lavoro specifico sulla volontà e sulla sicurezza psicologica di chi lo riceve, attraverso opportuni incontri di yoga e meditazione appositamente studiati.   Nessun disagio collaterale, invece, a livello chimico o di intolleranze sarà presente dato l’utilizzo di prodotti assolutamente naturali sia nei trattamenti che nella performazione dello speciale menù alimentare.
In conclusione, non dimentichiamo, comunque, che da solo il Panchkarma è in grado di eliminare solamente gli eccessi prodotti dallo squilibrio della nostra costituzione fisica individuale e preparare la strada ad un riequilibrio vero attraverso l’eventuale cura che lo seguirà, sempre sotto l’occhio vigile del vaidya!

Concludo così dicendo:
…ogni persona è un mondo a sè, un’anima con una storia di vita mai uguale. L’Ayurveda è un antico sistema di cura olistico, una filosofia di guarigione della persona nella sua interezza.
Con l’Ayurveda è possibile prendersi cura di quell’anima e del corpo che la ospita.
 

sabato 7 aprile 2012

TRIPHALA, UN PREZIOSO RIMEDIO AYURVEDICO PER LA NOSTRA DEPURAZIONE

La primavera è arrivata e nell’aria se ne sente già il profumo; in questa stagione la natura si dà da fare, tutto sembra vibrare: gli alberi e i prati iniziano a fiorire donandoci i loro colori, gli uccellini si preparano a costruire i nidi per dare alla luce una “nuova” vita. In primavera tutto piano piano si risveglia dal torpore invernale e  il nostro fisico sente il bisogno di volersi depurare.
 
Durante il periodo invernale siamo in una sorta di “letargo” dove tendiamo ad accumulare e spesso, a causa del nostro stile di vita e dell’assunzione di cibi grassi, pesanti e complessi, il nostro fuoco gastrico diminuisce la sua potenza e rallenta la digestione  lasciandoci un senso di pesantezza e qualche tossina in più che disturba il nostro stato di equilibrio.

In Ayurveda le tossine vengono chiamate ama e sono il risultato del cibo non completamente digerito o troppo ricco di proteine animali che staziona nello stomaco e nell’intestino e che col tempo, se non si riesce ad espellerle, fermenta andando ad accumularsi nel colon e intasando i nostri canali linfatici e sanguigni. E’ importante sapere, inoltre, che ama nel corpo non sono solo le tossine fisiche, ma anche quelle legate allo stato emotivo per cui nervosismo, ansia, paura, gelosia ed ira a volte represse hanno un effetto nocivo sui nostri organi interni ed imparare a liberarsi di queste emozioni negative ci fornisce un ulteriore elemento per raggiungere il benessere; per questo assieme alle terapie fisiche, vengono spesso abbinate e consigliate pratiche che facilitano il rilassamento quali lo yoga, il pranayama e la meditazione.

Un rimedio ayurvedico molto utile alla depurazione del nostro organismo, partendo proprio dall’intestino, è la Triphala. Il termine “Triphala” significa “tre frutti”, la ricetta di questo tradizionale integratore a base di erbe risale a migliaia di anni ed è menzionata nei tradizionali testi indiani “Charak” e “Sushrut Samhitas” (1500 a.c.).

La Triphala è considerato un rimedio tridoshico avendo effetti bilancianti e ringiovanenti sulle tre forze che governano e costituiscono la vita umana: Vata, che regola il sistema nervoso e tutti i movimenti sia fisici che mentali, Pitta che mantiene il processo metabolico e digerisce e trasforma cibo, nutrimento ed emozioni e Kapha, che dà supporto all’integrità strutturale ed è responsabile della lubrificazione di organi e tessuti e del sistema immunitario.

Questa preziosa preparazione è formata, in parti uguali, da: Emblica officinalis ( Amalaki o amla), Terminalia Chebula (Haritaki) e Terminalia Bellerica (Bibhitaki) ed è considerata, in Ayurveda, uno dei più importanti  rasayana. Il significato vero del termine è nutrire in modo adeguato ogni parte del corpo allo scopo di ritardare il processo di invecchiamento, promuovendo la salute, l’immunità e prolungando una buona vita.

AMLAKI, dal sapore aspro, è un tonico rinfrescante, viene utilizzato per trattare gli squilibri di pitta come ulcere, stati infiammatori di stomaco e intestino, eruzioni, stati congestivi del fegato e sensazioni di bruciori in tutte le parti del corpo; inoltre è ricchissima di vitamina C, ne possiede la più alta concentrazione in natura, circa 20 volte il contenuto di un’arancia.

HARITAKI è considerato particolarmente benefico per trattare gli squilibri di vata; il suo sapore è amaro e ha proprietà lassative, antispasmodiche, lubrificanti ed antiparassitarie. E’ un’ottimo rimedio per gli stati di costipazione acuta e cronica, ansia, irrequietezza e sensazione di pesantezza fisica. Dei tre frutti che compongono la Triphala, l’Haritaki è quello che ha le più spiccate caratteristiche  lassative.

BIBITAKI ha come obbiettivo quello di curare gli squilibri di kapha, il suo gusto primario è astringente mentre quello secondario è dolce, amaro e pungente e le sue principali proprietà sono astringenti, toniche, digestive ed antispasmodiche; nello specifico bilancia e purifica gli eccessi di muco, cura le affezione bronchiali, l’asma, le allergie e il singhiozzo.

Questo meraviglioso composto è energeticamente equilibrato, non prevalgono in esso ne proprietà “calde” ne “fredde”. Se assunto costantemente per un periodo prolungato provocherà, in modo lento, ad una eliminazione e purificazione di ama da tutti i tessuti del corpo. Lo si può trovare sottoforma di churna ( polvere) o anche in capsule, più semplici da prendere e se ne consiglia l’assunzione di 2 al giorno la sera prima di coricarsi con una tisana calda.

Un famoso detto popolare indiano recita: “Non dispiacerti se non hai una madre sino a quando possiedi del Triphala”, l’origine di questa frase è che si ritiene che la Triphala sia in grado di proteggere gli organi interni del corpo, così come una madre si prende cura dei propri figli.

http://www.farmacistionline.net/triphala-un-prezioso-rimedio-ayurvedico-per-la-nostra-depurazione.html 
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